Legge di Ohm

LEGGE DI OHM

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In questa lezione ci occuperemo della legge di Ohm.

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Nelle lezioni precedenti abbiamo introdotto tre grandezze molto importanti in elettronica. In particolare abbiamo parlato di differenza di potenziale o tensione, misurata in Volt, il cui simbolo è la lettera maiuscola V, poi abbiamo introdotto il concetto di corrente elettrica, misurata in Ampere, il cui simbolo è la lettera maiuscola A ed infine abbiamo introdotto la resistenza elettrica, misurata in Ohm, il cui simbolo è la lettera greca maiuscola Ω.

Abbiamo osservato che a seguito di una tensione V applicata ai capi di un conduttore, si viene a stabilire una corrente elettrica I la quale viene ostacolata dalla resistenza elettrica R opposta dal conduttore in cui la corrente fluisce.

Ci si chiede a questo punto quale sia la relazione che lega queste tre grandezze.

Ebbene, questa relazione fu trovata dal fisico tedesco Georg Simon Alfred Ohm (1789-1854) ed è per questo che tale relazione è nota come legge di Ohm. Questo spiega anche perché l’unità di misura della resistenza è denominata Ohm, in onore dello scienziato che diede un importante contributo alla comprensione di questi temi.

Grazie a numerosi esperimenti corredati da misure accurate, Ohm arrivò a comprendere che la tensione V di una pila applicata ai capi di un conduttore è la causa che determina la circolazione della corrente I nel circuito e dunque se si aumenta la tensione della pila deve aumentare corrispondentemente anche la corrente.

Per dimostrare questo concetto è possibile aumentare la tensione applicata al conduttore collegando tra loro più pile in modo da ottenere tensioni sempre più elevate. In particolare, Ohm osservò che raddoppiando la tensione applicata al medesimo circuito, la corrente raddoppiava la sua intensità.

Ohm non solo constatò che aumentando la tensione applicata al circuito aumenta anche la corrente, ma si accorse inoltre che dividendo la tensione applicata per il valore di corrente che circolava nel circuito si otteneva sempre lo stesso valore, questo se il circuito non veniva modificato.

Bene è proprio questo risultato costante, che deriva da questa divisione, che viene chiamato resistenza elettrica.

Grazie a queste osservazioni Ohm arrivo a formulare la legge di Ohm secondo la quale la resistenza ai capi del conduttore si ottiene dividendo la tensione ad esso applicato per la corrente che circola in esso. Abbiamo dunque che:

R = V/I

Questa stessa Legge può essere usata nelle altre due forme.

In particolare, se conosciamo il valore della tensione applicata ai capi di un circuito che presenta una resistenza R, allora avremo che la corrente che in esso circolerà, sarà data da:

I = V/R

Infine, se conosciamo la corrente che attraversa un circuito o un conduttore di resistenza R, allora ai capi di tale circuito o conduttore avremo una tensione disponibile pari a:

V = R·I

Quest’ultima relazione è quella più nota. Per ricordarla gli italiani usano la frase “Viva la Repubblica Italiana”!

In definitiva, mediante la legge di Ohm siamo in grado di calcolare una qualsiasi delle tre grandezze tra tensione, corrente e resistenza una volta che sono noti i valori di due di queste grandezze.

Prima di procedere con questa lezione facciamo una considerazione sul verso della corrente elettrica. Nelle figure precedenti abbiamo indicato la corrente elettrica con una freccia avente il verso concorde con la direzione di spostamento degli elettroni. Questo da un punto di vista fisico è assolutamente corretto.

Tuttavia, per convenzione, si assume che la corrente elettrica sia composta da cariche positive che dunque si muovono dal polo positivo al polo negativo della batteria e pertanto il verso della corrente elettrica viene indicato con una freccia che punta in direzione del potenziale più basso.

Facciamo qualche esempio numerico per fissare meglio i concetti.

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Supponiamo di avere una pila da 9 V collegata ad un conduttore molto lungo e con sezione molto piccola, in modo tale che la sua resistenza complessiva sia pari a 100 Ω. Ci chiediamo a questo punto quale sarà la corrente che circolerà in tale conduttore.

Applichiamo dunque la legge di Ohm ed in particolare la forma che permette di calcolare la corrente come rapporto tra la tensione e la resistenza.

Abbiamo dunque che

I=V/R

Da cui sostituendo i valori:

I=(9 V)/(100 Ω)=0.09 A

Si ottiene che il valore di corrente circolante nel conduttore sarà pari a 0.09 A.

Abbiamo ottenuto un valore molto più piccolo di un Ampere e pertanto possiamo usare un sottomultiplo per esprimere questo valore di corrente.

In particolare, potremo dire che la corrente circolante sarà pari a 90 mA (milliAmpere). Infatti:

(0.09 A)/1000=90 mA

Facciamo un altro esempio. Abbiamo un circuito alimentato da una batteria di un auto la cui tensione è pari a 12 V. Per mezzo di un amperometro (ossia di un misuratore di corrente) misuriamo che la corrente che viene erogata dal generatore di tensione è pari a 2 A. Ci chiediamo ora quale sia la resistenza complessiva offerta dal circuito al passaggio di corrente.

Applichiamo dunque la legge di Ohm ed in particolare la forma che permette di calcolare la resistenza come rapporto tra la tensione e la corrente.

Abbiamo dunque che

R=V/I

Da cui sostituendo i valori:

R=(12 V)/(2 A)=6 Ω

Abbiamo ottenuto dunque che il circuito oppone al generatore di tensione una resistenza di 6 Ω e pertanto la corrente risultate è pari a 2 A come misurato dall’amperometro. È interessante notare che il valore di resistenza calcolato non si è basato sui singoli componenti  del circuito collegato alla batteria, ma mediante la legge di Ohm siamo riusciti a calcolare la resistenza complessivamente offerta dall’interazione di tutti i componenti del circuito.

Si parla in particolare di resistenza equivalente ai capi del generatore di tensione.

Finora abbiamo considerato esempi di circuiti alimentati a pile o batteria e dunque abbiamo operato in regime di corrente continua.

Possiamo applicare gli stessi concetti anche a circuiti alimentati con tensioni alternate.

Ad esempio se prendiamo in considerazione una presa di corrente di un impianto elettrico, sappiamo che ai capi di tale presa avremo accesso ad una tensione alternata ossia una tensione che non solo cambia di polarità ma cambia anche il suo valore nel tempo raggiungendo valori molto elevati ma anche valori nulli più volte al secondo.

Nonostante ciò, è possibile associare alla tensione alternata un unico valore di tensione, detto valore di tensione efficace che corrisponde in linea generale ad un equivalente valore di tensione continua.

Nel caso delle prese di corrente degli impianti elettrici civili tale valore di tensione è pari a 230 V.

Noto questo valore possiamo trattare un circuito in corrente alternata come se fosse un circuito in corrente continua. Facciamo un esempio per chiarire meglio questo concetto. Abbiamo una coppia di conduttori molto lunghi, ciascuno avente una resistenza complessiva di 1.5 Ω. Tale coppia di conduttori viene utilizzata per alimentare una stufa con una presa di tensione alternata avente valore efficace pari a 230 V. Nel momento in cui collegheremo la stufa alla presa di corrente, si stabilirà una corrente anch’essa alternata.

Come fatto per la tensione anche per la corrente alternata è possibile esprimere un unico valore detto in questo caso corrente efficace. Supponiamo che tale corrente efficace sia pari a 10 A. Possiamo indicare la corrente elettrica con una freccia lungo i conduttori anche se a rigore questo sarebbe sbagliato perché sappiamo che operando in corrente alternata, la corrente non ha un verso costante ma tale verso viene invertito più volte al secondo.

Tuttavia nessuno ci vieta di affermare che il verso indicato rappresenta il verso della corrente elettrica in una precisa frazione di tempo entro la quale la corrente elettrica non inverte il suo verso.

In tali condizioni abbiamo che la corrente, partendo dal primo morsetto del generatore di tensione, percorrerà il primo conduttore per raggiungere la stufa e da questo punto la corrente attraverserà il secondo conduttore per tornare verso il morsetto opposto del generatore di tensione.

Su ciascun conduttore avremo dunque una tensione pari a:

V=R∙I

Da cui sostituendo i valori di resistenza e corrente, abbiamo:

V=1.5∙10=15 V

Osserviamo dunque che la corrente che attraversa ciascun conduttore crea ai capi di esso una tensione di 15 V.

Ciò significa che i 230 V presenti in corrispondenza della presa di corrente, subiscono una riduzione di 15 V nel percorso di andata ed un’ulteriore riduzione di altri 15 V nel percorso di ritorno per un totale di 30 V. Diremo in particolare che ciascun conduttore introduce una caduta di tensione pari a 15 V.

La caduta di tensione complessiva generata dalla coppia di conduttori agirà in modo tale che la stufa anziché essere alimentata con una tensione di 230 V sarà alimentata con una tensione inferiore pari a 230 V – 30 V = 200 V.

Ciò significa che pur avendo collegato la stufa ad una presa da 230 V, di fatto essa sarà alimentata a 200 V.

Questo esempio ci fa notare come nella realizzazione degli impianti elettrici occorre prestare molta attenzione alle cadute di tensione introdotte da conduttori. In altri termini, non possiamo assumere che questi siano conduttori ideali ma dobbiamo sempre considerare che questi hanno una resistenza non nulla. In particolare, in caso di sezioni molto piccole e lunghezze molto elevate il conduttore può raggiungere valori di resistenza piuttosto elevati introducendo cadute di tensione che portano ad alimentare le apparecchiature elettriche con una tensione più bassa e pertanto in alcuni casi questo può causare malfunzionamento dell’apparecchiatura stessa.

Ricordiamo che per limitare la resistenza di un conduttore di una determinata lunghezza, si può agire aumentando la sua sezione. Abbiamo visto infatti che la resistenza di un conduttore aumenta all’aumentare della lunghezza e diminuisce all’aumentare della sezione del conduttore. Ecco perché i progettisti di impianti elettrici fanno molta attenzione alla scelta della sezione corretta da adottare in funzione della lunghezza dei vari conduttori ed in funzione della massima intensità di corrente che dovranno sopportare.

Bene siamo giunti al termine di questa lezione.

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